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Il senso della memoria della Shoah

A cosa serve ricordare? Qual è il senso della memoria della Shoah, a cui ogni anno dedichiamo una Giornata speciale?

Il Giorno della Memoria è stato istituito il 1º novembre 2005 con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale dell’ONU. In Italia, in realtà, già una legge di 5 anni prima (la legge 20 luglio 2000 n. 211), aveva stabilito che il 27 gennaio, in ricordo della liberazione del Campo di concentramento di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, si celebrasse questa Giornata.

Una celebrazione, quella del Giorno della Memoria, che si è diffusa rapidamente, acquisendo sempre più importanza, in particolare in ambito scolastico, tanto che oggi si parla sempre più di Settimana della Memoria.

Senso della memoria: ricordare chi non c’è più

Quello della Shoah è uno degli eventi più drammatici del secolo scorso. Un mix tragico discriminazione, diritti violati per folli ragioni, e numero di morti che la nostra mente fa fatica ad accettare: 6 milioni di ebrei e altrettanti esseri umani (tra rom, sinti, omosessuali, oppositori politici, slavi, disabili, malati mentali ecc.) eliminati solo perché non ariani. Fare memoria di questa tragedia è, primo di tutto, un atto di rispetto nei loro confronti.

Senso della memoria: testimoni dei testimoni

Migliaia di sopravvissuti sono diventati in questi ultimi decenni testimoni della Shoah. Lo hanno fatto quasi tutti dopo anni di silenzio: un silenzio necessario per elaborare quanto era accaduto loro, per superare il paradossale senso di colpa nei confronti di chi non ce l’aveva fatta, o semplicemente per lasciarsi alle spalle le ferite. Hanno cominciato a parlare, a scrivere, molti di loro a girare tra i banchi di scuola, per raccontare la loro esperienza e la follia nazista. Molti di questi testimoni, per un inevitabile fatto anagrafico, sono in questi anni morti. E quelli che ci sono ancora sono molto anziani. Ecco allora un secondo motivo per fare memoria. Diventare testimoni dei testimoni, come in una gara di staffetta, prendere i loro ricordi e farli diventare nostri, perché tutto questo non cada nell’oblio.

“La MEMORIA”
Edith Bruck, scrittrice e testimone della Shoah, si racconta.

Senso della memoria: vigilare sul presente

Eppure, queste due motivazioni non bastano. Se la memoria fosse soltanto un esercizio di ricordo dettato dal rispetto, quant’anche doveroso, potrebbe non bastare e rischierebbe, da un lato, di trasformarsi in un esercizio formale (le giornate commemorative spesso lo diventano), dall’altro, di perdersi nel tempo ritornando ad essere semplicemente un dato storico tra gli altri.

Fare memoria della Shoah – e fare memoria di tutte le tragedie che hanno raccontato discriminazioni e stermini – significa prendere coscienza di qualcosa che nel corso della Storia può nuovamente accadere, e che forse già accade intorno a noi. Primo Levi diceva: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.

Essere consapevoli e vigili. Questa è la grande lezione della Memoria. Non dimenticare significa non essere indifferenti, sapersi rapportare criticamente verso ciò che accade intorno a noi (nella nostra vita quotidiana e nel mondo). Come ha detto Liliana Segre, “l’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo.”